“Amore mio ho fatto tesoro della tua lettera, l'ho letta. Mi ha reso felicissimo. Solo una cosa mi ha contrariato... Hai sbagliato a scrivere il mio nome.”
Charles M. Schulz
Caro lettore, cara lettrice, questo non è un post ma una lettera e come tutte le lettere c’è sempre l’imbarazzo dell’inizio.
Scrivere caro o cara ha un sapore intimo che forse poco si addice alla forma del blog, ma cosa scrivere altrimenti?
Buongiorno, dato l’orario, ma se la leggi nel pomeriggio appare ridicolo.
Dunque caro lettore e cara lettrice in questo sabato rovente di un’estate ancora tutta da venire, ti racconto che ho appena letto un libro che parla di lettere.
Lettere famose e lettere a personaggi famosi.
E mi sono domandata se tu scrivi lettere a mano o alla macchina da scrivere (esistono ancora? io ne ho una, me la regalò mio padre per i 18 anni, si chiama Sylvia come la Plath).
Perché le lettere scritte a mano rivelano molto di più di una persona che non i messaggi istantanei.
A me incuriosisce molto ricevere biglietti scritti a mano o addirittura lettere. Penso che dall’altra parte qualcuno ha usato il suo tempo per cercare un foglio- quel foglio- e una penna- quella penna che ha l’inchiostro adatto alla sua mano.
Può sembrare una inezia farlo, eppure per me fa ancora la differenza.
Le lettere raccontano mondi e pensieri molto più di una chiacchierata al telefono o di una email che si perde nello spam.
Oscar Wilde per esempio in una lettera parla dell’opera d’arte e della sua inutilità:
“… Un’opera d’arte è inutile così come lo è un fiore. Un fiore sboccia per la propria gioia. Noi ricaviamo un attimo di gioia se lo guardiamo…” (O.Wilde)
La calligrafia rotonda, gli ampi spazi fra una parola e l’altra, l’aria che ne consegue, mi suggeriscono di pensare alle parole mentre le leggo. E’ o non è un modo straordinario per indugiare sul senso di ciò che si legge di riga in riga?
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