Aveva fatto colazione come ogni giorno.
Cereali con frutta, latte di riso, caffè.
Aveva poi indossato cappello, sciarpa, guanti e paltò, aveva salutato nella hall e sceso i cinque gradini dell’hotel svoltando a destra e immettendosi nel chilometro che la separava dalla sua meta usuale.
Quella strada era la sua preferita.
Marciapiedi luccicanti come ghisa, decorati da alberi alti e solenni, che proteggevano dal sole d’estate e dalla pioggia d’inverno.
Alberi alti ma solidi, di anno in anno poco potati, non come quelli della strada parallela, sempre pericolanti e alla prima bufera invernale spezzati sui marciapiedi.
Quegli alberi celavano con discrezione altolocata i palazzi della ricca borghesia che viveva silenziosa in appartamenti ai piani alti. Ma ai piani bassi vetrine che irretivano come sirene con le borse, gli abiti e le scarpe.
Quel cielo di giada mattutina, quel nero pece dei marciapiedi, quegli alberi incendiati dall’autunno, la fecero camminare più piano del solito.
Conosceva il tragitto a memoria, sapeva persino se le foglie quell’anno erano spuntate nello stesso nodo dell’anno precedente.
Conosceva chi faceva le vetrine, il profumo della caffetteria dopo cinquanta metri e poi quello del pane a cento metri e della pasticceria a trecento.
Poi la strada si biforcava e lei girava a destra.
La continuazione a sinistra era immersa nelle sedi dei giornali, in quelle degli avvocati, negli uffici amministrativi.
Un tempo arrivava da lì, perché non era in quell’hotel, perché non era neppure della città anzi neppure di quel Paese.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Il Mare nel Cassetto per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.