Un altro racconto ispirato ai miei foulard (in questo caso lei aveva davvero dei miei foulard) di Marilli Amari.
Siciliana d’origine e milanese di adozione .
Curiosa e sempre in movimento ha organizzato e organizza eventi . Fieramente Perennial ha una suo account @antalicious che è nato per dimostrare che l’età anagrafica non conta, conta invece come si affronta la vita , la leggerezza dello stato mentale , la voglia che si ha di trasmettere alle persone la gioia di poter vivere senza troppe complicazioni dovute all’età.
Ogni anno finita la scuola si partiva per le vacanze, noi quattro con la mamma iniziavamo le vacanze estive ai primi di Luglio, destinazione il mare.
Nostro padre ci accompagnava per poi ritornare a lavorare lo rivedevamo solo a settembre e qualche fine settimana, quando lui ci raggiungeva.
Ricordo l’eccitazione, il caldo, le eterne discussioni di chi doveva sedersi nel mezzo del sedile posteriore della macchina.
Il vero incubo del viaggio era proprio decidere chi stava al finestrino, bisticci interminabili sino a quando si arrivava alla sempre uguale soluzione del “un po’ per uno” che però non accontentava nessuno.
Il viaggio incominciava sempre di mattina presto e tutte le volte ci sembrava lunghissimo, poche soste, molte canzoncine e un gran caldo.
La strada era piena di curve ed io mi divertivo a indovinare il cambio della marcia da quarta in terza, l’uso del freno e poi il momento in cui si scalava in seconda per poter superare un’altra macchina.
Facevamo anche il gioco delle sorelline o delle cuginette, consisteva nel trovare nelle macchine che incrociavamo delle auto simili alla nostra ed il gioco era fatto, il colore e la targa facevano il resto e così la famiglia della nostra macchina si allargava. Ricordo i bisbigli, i pizzicotti e tutti quei piccoli dispetti che si fanno i fratelli ed anche la domanda ricorrente a nostra madre: “quanto manca?”.
Molte volte io mi spingevo con la testa, inclinandomi in avanti, e accarezzavo la sciarpa di mia madre, che si avvolgeva intorno alla testa per non spettinare i suoi capelli color tiziano, e mi quietavo. E’ impressionante come il tatto possa essere, per me, un calmante incredibile.
Finalmente si arrivava accaldati, arruffati, stanchi ma felici: eravamo in vacanza.
Le giornate erano scandite in maniera molto ordinata: la mattina in spiaggia tra gli ombrelloni, le formine, la sabbia tra i capelli e l’acqua salata . I tuffi e poi gli scherzi, la lotta in acqua ed anche i piccoli pianti e le corse verso la mamma.
La mamma, con la sua fasce colorate nei capelli - un foulard piegato in maniera impeccabile che si trasformava, in un turbante oppure si annodava sotto il mento o dietro la nuca – ci guardava in continuazione e cercava di tenerci a bada in mille modi.
Una mattina mentre eravamo in spiaggia io sfuggii al controllo di mia madre e correndo su un muretto scivolai sulle pietre e caddi a testa in giù nella sabbia, mancai per pochi centimetri un masso e presi una grande botta in testa.
Ricordo ancora le sagome delle persone che corsero ad aiutarmi e il viso spaventato di mia madre che mi levava la sabbia dal viso e mi coccolava dondolandomi.
Tre giorni di febbre e brividi con un gran mal di testa e tantissima paura. La mamma bellissima e sempre elegante, con pochi gesti affettuosi, ci obbligava ad una vita molto ordinata con degli orari molto precisi, bisognava tornare a casa per pranzo e ci costringeva ad aspettare le classiche quattro ore prima di ritornare in spiaggia per un altro bagno in mare.
Nel tardo pomeriggio poi si ritornava a casa si faceva la doccia e dopo si leggeva sino alla cena e poi tutti a letto.
Una vita molto tranquilla e felice, ricca di sensazioni, colori, suoni e profumi.
I colori del mare, del sole, della luce così forte e cosi pura, il canto delle cicale che cominciava al mattino sino al tramonto. Il suono del grammofono della mamma con Edith Piaf che cantava “Non, rien de rien Non, je ne regre:e rien Ni le bien qu'on m'a fait Ni le mal Tout ça m'est bien égal” oppure Nat King Cole con “Unforgettable”.
I costumi appesi al vento ad asciugare ed il calore delle mattonelle di Vietri sul Mare sotto i miei piedi nudi.
I miei pomeriggi preferiti erano quelli in cui in terrazza mi accucciavo su una sedia a dondolo e giocavo con i foulard di mia madre li accarezzavo, li annusavo cercando il suo inconfondibile profumo e immaginavo guardando i disegni tante storie diverse. Li trattavo come se fossero degli scudi, mi ci avvolgevo e mi sentivo al sicuro mentre osservavo una delle mie sorelle che intanto scriveva, leggeva tantissimo e sognava di diventare una scrittrice.
Mia sorella piena di curiosità, iper contestatrice, sempre con la penna tra i denti ed i capelli in disordine. Ironica, tenace molto preparata e sempre in lotta contro le ingiustizie.
Mi spingeva non verso le bambole ma verso un modello di donna indipendente, istruita e pronta a viaggiare; una donna che fa domande e pretende risposte e che non si arrende mai.
La mia eroina era lei con i suoi capelli scuri le gambe lunghe sempre senza scarpe, con una penna in mano ed un quaderno sulle ginocchia.
“Una Signorina” curiosa, ironica con un cuore grande e tante macchie di inchiostro sulle mani ed anche sui vestiti.
A fine Settembre si ritornava a casa, tristi e mesti. Le vacanze erano finite, per noi ricominciava la scuola e come tutti gli anni per nove mesi aspettavamo con ansia la fine dell’anno scolastico per poter ripartire per la nuova vacanza estiva.